Testo Luigi Rivola
Il 29 ottobre di ormai diciassette ani fa moriva Carlo Talamo. Uno schianto sulla strada del ritorno verso casa e la fortuna, che pure gli era stata amica tante volte, lo ha tradito. Aveva 50 anni. Era in moto a mezzogiorno nei pressi di Viareggio. Era in moto perché Carlo era un motociclista vero, non un venditore di moto, anche se tanti, senza conoscerlo, urtati dalla sua spavalderia e dalla franchezza con cui era uso trattare tutto e tutti, pensavano che il suo dichiarato amore per questo veicolo non fosse che un espediente commerciale per vendere più Harley Davidson prima, e più Triumph poi.
Con la Numero Uno aveva rilanciato in Italia la Harley Davidson esaltandone il mito grazie ad un innato talento per la comunicazione, che gestiva personalmente e in modo assolutamente originale. Con la Numero Tre aveva contribuito moltissimo a far rivivere, dopo tanti tentativi falliti, il marchio Triumph, non solo organizzando in Italia un'efficiente rete distributiva, ma mettendo a disposizione della Casa Madre inglese anche un altro e non secondario aspetto della sua inesauribile capacità creativa: l'intuito per il design capace di far breccia nella mente sempre un po' conservatrice degli appassionati di moto.
Carlo Talamo era davvero un personaggio fuori dell'ordinario, e lo sapeva benissimo, tanto che a volte lo gridava spavaldamente, facendo infuriare chi sapeva di non poter reggere il confronto. Era libero e non si poneva limiti anche perché poteva permetterselo, e pure questo lo sapeva benissimo. Forse l'ufficio l'aveva stancato, forse aveva in quella mente vulcanica altre idee, altra voglia di mettersi alla prova.